Senza voler essere “polemici” sin dalla prima ora della nomina del nuovo governo, non possiamo esimerci nell’evidenziare come cambino i governi e, purtroppo, non si placa la cattiva abitudine di fare proclami immediati e avventati sulla scuola, anche prima di sedersi, come ha fatto il nuovo Ministro dell’Istruzione Bianchi, sulla “poltrona di comando”. Sembra quasi che i nuovi Ministri siano degli addetti ai lavori cui è sufficiente avere la nomina per avanzare già proposte, soluzioni, interpretazioni, e via dicendo.
Insomma “l’apparire” prevale sempre “sull’essere”.
Vorremmo anche capire a chi giovano questi proclami, quali sono i destinatari diretti e indiretti, e quali i “mandatari” di queste esternazioni.
Giovano forse a politici riciclati che hanno tagliato 200.000 posti di lavoro alla scuola, additato i docenti come incapaci e fannulloni, inveito contro i precari e scatenato una caccia alle streghe contro i lavoratori pubblici, senza volere né essere capaci di avviare una seria riforma della P.A., punto nodale di qualsiasi rilancio del Paese.
Forse a chi doveva rilanciare il Paese trasformando la scuola già disastrata in una fantomatica “Buona Scuola”?
Ma entriamo nel merito.
Dal 3 marzo 2020, la Scuola ha recepito, interpretato e messo in atto quanto previsto e disciplinato da un alista interminabile di DPCM, Decreti Legge, Decreti, Ordinanze e Circolari Ministeriali, Linee Guida e Protocolli di sicurezza, con una tempestività, una flessibilità e una capacità di soluzione dei problemi (infiniti) che difficilmente trova confronti in altri settori produttivi o “improduttivi”.
Il personale docente precario, inoltre, ha rincorso e prodotto domanda per procedure ordinarie e straordinarie, inserimento nelle nuove graduatorie provinciali per le quali sono state necessarie ma insufficienti 80 FAQ in 15 giorni, acquistato o aggiornato la strumentazione per la DAD senza avere accesso alla Card Docenti.
Il personale ATA, il più sottopagato di tutta la P.A. è andato in lavoro agile senza comodato d’uso e, anzi, rispetto ai tanti dipendenti pubblici che ancora lavorano da casa, sono a scuola e si ammalano pure, tanto per capirci…..
Possiamo affermare, senza ombra di smentita, che le scuole hanno sempre risposto alle mail e al telefono, cosa molto rara in questo anno di prove generali dello smart working, e hanno gestito in piena pandemia circa un milione di domande di aggiornamento della GPS, tanto per capirci…
Le scuole, e gli apparati amministrativi, non si sono mai fermati, anzi, hanno assicurato e stanno assicurando, tutto il carico di lavoro, accresciuto ancor più con la pandemia e con tutti i fastidi burocratici conseguenti, tanto per capirci…
I Dirigenti Scolastici hanno digerito norme ed emanato circolari e cercato quotidianamente la quadratura del cerchio, nonostante gli spazi siano rimasti quelli di sempre (come avrebbe potuto essere altrimenti), i contagi sono esplosi, i tracciamenti sono saltati come i protocolli di sicurezza.
La scuola non è un ufficio pubblico e non è un’azienda, non è organizzata secondo un modello gerarchico e non potrebbe esserlo.
La scuola è una “comunità” che ingloba tutto il territorio. Gli equilibri sono delicati coinvolgono tutta la comunità e i servizi locali. Questa comunità per funzionare deve realizzare in maniera autonoma, libera e spontanea l’attività didattica pur all’interno del quadro fornito dalla legge.
E così è stato fatto: ci si è attrezzati per affrontare l’impossibile ed essere disponibili per gli alunni sempre, nel migliore dei modi possibili, senza lasciare nessuno indietro.
Il primo ciclo, che non ha beneficiato di una didattica a distanza sistematica pur con percentuali variabili, ha predisposto un’organizzazione per la didattica in presenza, una per la didattica a distanza e una per la didattica mista e l’intera comunità educante (alunni, docenti, famiglie) è passata repentinamente e ripetutamente dall’una all’altra senza battere ciglio correndo sul filo di chiusure comunali o regionali, con sospensione totale, di singole classi o di singoli alunni e docenti.
Tra una modalità e l’altra, è rimasto costante l’uso delle piattaforme in asincrono per incontrare gli studenti, supportarli, fornire feedback individuale, incoraggiare la loro creatività e sostenere la loro motivazione.
In pochi mesi tutti hanno imparato, si sono attrezzati e formati, non soltanto e semplicemente all’uso di strumenti e canali, ma ad un nuovo modo di fare scuola, cercando di minimizzarne gli impatti negativi e valorizzarne le potenzialità innovative.
Tutto ciò non avrebbe potuto realizzarsi senza un aumento esponenziale del lavoro dei docenti perché fare scuola, insegnare, formare, produrre apprendimento non significa soltanto fare lezione, ancorché live o sincrona, significa creare le condizioni perché quel momento di incontro sia il più significativo possibile e produca effetti duraturi. Significa lavorare tanto prima e dopo l’ora di lezione.
Anche gli studenti, certo sì non tutti, hanno lavorato di più: hanno inviato i compiti, letto le correzioni, scambiato commenti con i loro docenti; SI BADI BENE a tutte le ore del giorno…..
I ragazzi in difficoltà hanno lavorato quasi sempre in presenza e partecipato anche a qualche lezione a distanza per non perdere i contatti con i loro compagni. Siamo entrati e usciti da aule virtuali, ricevuto e inviato infiniti messaggi tramite tutti i canali possibili.
La scuola forzatamente, magari involontariamente direbbe qualcuno, ha fatto un grande balzo in avanti, si è “svecchiata”, qualcuno direbbe sarcasticamente, nonostante l’età media dei docenti e la cronica precarietà del personale.
Ebbene, se Il PREMIER Draghi, desse uno sguardo e una “disinteressata” lettura a quanto sopra detto, e con tranquillità può anche verificare, siamo sicuri che non si permetterebbe di liquidare tutto questo come TEMPO PERSO DA RECUPERARE. Qui se c’è qualcuno che ha perso tempo, sono altri, e li può trovare fra i banchi del parlamento e fra i ministri che lei ha appena sostituito.
E….no, non ci siamo Presidente, si parte male anzi malissimo, semmai è il personale della scuola a dover recuperare economicamente tutto il lavoro aggiuntivo svolto e non pagato, oltre che non riconosciuto.
Come si pensa di proseguire le lezioni fino al 30 giungo con i docenti delle classi terminali impegnati negli esami e con tutti gli adempimenti di fine anno ?
Sarà questo il motivo per cui si è già decisa l’eliminazione delle prove scritte dagli esami? Ottima scelta educativa quella di togliere dignità a tutto il lavoro svolto da alunni e docenti durante questo faticoso anno scolastico svilendo in questo modo gli esami.
Ripensare e meditare le scelte preannunciate, riteniamo sia necessario, la fretta, come si dice in alcune parti del nostro paese “fa fare i figli ciechi”.
Facciamo appello ai nuovi ministri e ai parlamentari a non perdere il LORO tempo e a occuparsi seriamente di ciò per cui sono stati eletti o incaricati dai cittadini e, soprattutto, a confrontarsi con la realtà delle cose, a interfacciarsi con la “scuola reale” quella che opera sul campo, in periferia, la scuola che non ha internet, la scuola che si confronta con il disagio sociale e la dispersione: Insomma, “noi chiediamo” che ci sia una vera svolta nel modo di approcciarsi alla scuola, chiediamo che tutti siano chiamati ad esprimersi, soprattutto, come detto, coloro che vivono nella scuola, e non chi fa della scuola “accademia” fine a se stessa distaccata dalla realtà.
Se questo governo parte dall’assunto di voler privilegiare la “meritocrazia”, bene, si inizi dalla scuola, che di meriti in questo anno possiamo assicurare, al di là di un populismo becero e sgradevole sul ruolo svolto dal personale scolastico, ha retto il peso della pandemia, ha pagato anch’essa il prezzo di vite umane e di contagiati, ed ora chiede rispetto, riconoscimento e, impegno affinchè seriamente la scuola rappresenti il “volano” per la rinascita del paese.