In questi giorni i docenti che, immessi in ruolo dal 1.9.2022, hanno superato il periodo di prova dal 1.9.2023 (ma anche coloro che negli anni precedenti “per incuria” non hanno prodotto istanza di riconoscimento ai fini della carriera del servizio non di ruolo) stanno procedendo ad inoltrare tramite il SIDI domanda di ricostruzione della carriera (si ha tempo sino al 31 dicembre 2023).
Si evidenzia, ove ce ne fosse bisogno, che tale istanza è intesa ad ottenere il riconoscimento, ai soli fini della progressione di carriera (passaggio tra le fasce stipendiali), del servizio non di ruolo eventualmente prestato prima dell’immissione in ruolo.
Chi ha superato l’anno di prova, tra settembre e dicembre di ogni anno, può, infatti, presentare la dichiarazione dei servizi e la ricostruzione di carriera per vedersi riconoscere il servizio di insegnamento svolto prima del ruolo ai fini di aumentare l’anzianità di servizio e quindi ottenere prima gli scatti legati a questo fattore.
In tema di riconoscimento dei servizio non di ruolo per il personale docente, dobbiamo rilevare che per i docenti immessi in ruolo dal 1.9.2023, e che quindi dovranno produrre domanda dal 1.9.2024, ossia all’atto del superamento del periodo di prova, ai sensi di quanto disposto dalla legge 10 agosto 2023 n.103, cambia il sistema di riconoscimento del servizio precedentemente prestato.
Per meglio illustrare come verrà, in virtù di tale modifica legislativa, valutato il servizio non di ruolo dal 1.9.2024 (immessi in ruolo dal 1.9.2023) occorre fare un breve excursus sulla normativa che fino ad oggi ha regolato e regola (per coloro che sono già di ruolo) il riconoscimento del servizio non di ruolo e gli effetti “divisivi” conseguenti a pronuncia della Corte di Cassazione.
Per coloro immessi in ruolo sino al 1.9.2022 la normativa preesistente (art.485 T.U.) prevedeva e prevede la valutazione non integrale del servizio pre ruolo statale, in quanto solo i primi quattro anni vengono valutati per intero, mentre l’eventuale ulteriore periodo pre ruolo viene valutato nel limite dei due terzi.
Gli anni valutabili, fra l’altro, sono quelli prestati per almeno 180 giorni di servizio ovvero dal 1^ febbraio ed ininterrottamente con partecipazione scrutini ed esami. Dal predetto computo, pertanto, sono esclusi tutti i periodi di servizio inferiori ai 180 giorni prestati nell’anno scolastico in cui si è effettuato il periodo di supplenza,
Avverso tale discriminante valutazione, che di fatto limitava il riconoscimento parziale del servizio, facendo perdere 1/3 ai fini della progressione di carriera (si pensi ai docenti che potevano vantare per esempio 9 anni di servizio non di ruolo che perdevano circa 2 anni di progressione di carriera), furono prodotti numerosissimi ricorsi, tutti accolti dalla stragrande maggioranza dei tribunali dei lavoro.
Sulla legittimità della valutazione limitata ai soli 4 anni più i 2/3 di valutazione è intervenuta, poi, la Corte di Cassazione (con le sentenze 28/11/2019 n. 31149 e 16/12/2019 n. 33138) affermando che in tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi immessi in ruolo, l’art. 485 si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente al criterio secondo cui l’aver prestato almeno 180 giorni di servizio equivale ad intero anno scolastico, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ab origine” a tempo indeterminato.
La Cassazione aveva quindi affidato al giudice investito della questione, al fine di accertare la sussistenza di tale discriminazione, il compito di comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, ne’ applicare la regola dell’equivalenza dei 180 giorni di servizio all’anno scolastico intero e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato.
Tale pronuncia, ha avuto l’effetto di orientare i successivi giudizi dei tribunali del lavoro verso l’integrale valutazione del servizio con l’eccezione, però, dovuta al fatto che i 180 giorni di servizio non di ruolo non equivalevano più ad 1 anno di servizio ma dovevano essere conteggiati come 180 giorni.
Da un lato, pertanto, sono stati recuperati anche i servizi prestati, per esempio per 10 giorni, 2 mesi, e via dicendo, ma, dall’altro, non vi è stato più l’arrotondamento ad 1 anno dei periodi di servizio prestati per almeno 180 giorni.
Tale decisione, in molti casi, ha reso inutile l’accoglimento del ricorso in quanto per molti docenti era sfavorevole la nuova pronuncia del giudice proprio perchè si perdeva l’arrotondamento ad 1 anno dei servizi prestati per 180 giorni
Per fare un esempio, il docente che aveva prestato 9 anni di servizio ( di cui in ogni anno 200 giorni) non di ruolo e che si era visto riconosciuta la seguente anzianità, (per effetto del meccanismo di 4 anni più 2/3 dei restanti anni – ex art.485):
DOCENTE TIZIO SERVIZIO NON RI RUOLO ANNI 9 (con 200 giorni di servizio prestato in ogni anno)
RICONOSCIUTO AI FINI GIURIDICI ED ECONOMICI anni 7 e 4 mesi (ossia 4 anni per intero e 2/3 dei restanti 5 anni)
totale quindi di 7 anni e 4 mesi (a fronte di 9 anni di servizio ndr)
perdita, pertanto, di anni 1 e mesi 8
Il predetto docente nel proporre ricorso al giudice per ottenere l’integrale valutazione dei 9 anni (anzichè anni 7 e mesi 4) si è visto accogliere il ricorso ma, per effetto della nuova pronuncia della Corte di Cassazione, con il calcolo dell’effettivo servizio prestato ossia di 200 giorni per ogni anno prestato per un totale di 1800 giorni ( 200gg x 9 anni) cioè il riconoscimento in anni 5 ( 1800 diviso 360gg) in luogo di anni 7 e mesi 4 precedentemente riconosciuti e per il quale aveva proposto ricorso.
In tale ipotesi, lo stesso docente ha dovuto rinunciare al ricorso perchè l’accoglimento era sfavorevole.
Tale nuovo orientamento stabilito dalla Corte di Cassazione, e a cui i giudici si sono uniformati, ha prodotto discriminazioni fra i docenti che si erano visti accogliere i ricorsi precedentemente alla pronuncia e i successivi docenti cui, anche molte volte per il ritardo nei giudizi, si sono visti accogliere il ricorso con la beffa penalizzante del riconoscimento dell’effettivo servizio.
In sostanza, la pronuncia della Corte da un lato ha consentito di recuperare i servizi resi inferiori ai 180 giorni ma, dall’altro, ha penalizzato chi aveva prestato servizio per oltre 180 giorni.
Il legislatore, leggasi, l’attuale governo, supportato anche da ” annunci esaltanti” di qualche sigla sindacale (Anief per esempio) ha preso spunto da tale pronuncia della Corte di Cassazione e, dopo aver fatto alcuni “conticini”, si è reso conto che tale meccanismo comportava un risparmio non indifferente per le casse dello stato, per cui, illudendo e strombazzando che con la legge 103 dell’agosto 2023 il Governo consentiva e riconosceva tutti i servizi non di ruolo resi, modificava e modifica il sistema di calcolo per il riconoscimento del servizio non di ruolo ai fini della progressione di carriera per gli immessi in ruolo dal 1.9.2023
In particolare, la nuova legge prevede che i servizi “pre-ruolo” del personale scolastico, non integralmente considerati dalle norme finora vigenti, vengano riconosciuti per intero, ai fini delle ricostruzioni di carriera, in coerenza con quanto previsto dalla direttiva n. 99/70/CE sul lavoro a tempo determinato, a seguito dell’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia (articolo 14, modificato formalmente dal Senato)
Adesso, con la modifica apportata dalla legge 10 agosto n.103, per gli insegnanti immessi in ruolo a far data dall’anno scolastico 2023/2024 sarà prevista la valutazione integrale di tutto il periodo sia i fini giuridici che economici, senza limitazione ai soli primi quattro anni.
Questo significa che, ai fini del riconoscimento, giuridico ed economico per la ricostruzione carriera, si valuterà il servizio di insegnamento pre ruolo effettivamente prestato, mentre non trova più applicazione il criterio della validità dell’anno scolastico, ovvero il raggiungimento di un minimo di 180 giorni di servizio o il servizio ininterrotto dal 1° febbraio fino al termine delle attività didattiche.
Ne consegue, che il nuovo meccanismo opererà, come detto, forte discriminazione fra i docenti i più fortunati e meno fortunati: la nuova norma è certamente più vantaggiosa per i docenti che hanno svolto solo supplenze annuali (fino al 31 agosto), mentre chi invece ha svolto prevalentemente servizio a tempo determinato con supplenze fino al termine delle attività didattiche o brevi e saltuarie, la nuova normativa comporta una riduzione nell’anzianità di servizio utile ai fini della ricostruzione e, pertanto, un danno economico.
Per meglio chiarire facciamo un esempio di due docenti con numero di servizio non di ruolo uguale ma prestato in modo differente:
DOCENTE ROSSI
ha prestato servizio per 6 anni ndr di cui:
- 4 anni sempre dal 20 settembre al 30 giugno di ogni anno, per un totale di mesi 37 mesi e giorni 10 (9 mesi x 4 + 40 giorni)
- 2 anni con supplenze brevi della durata rispettivamente il primo anno di mesi 3 e il secondo di mesi 2 per un totale di mesi 5
Il docente ROSSI vanta quindi 42 mesi e 10 giorni pari ad anni 3 mesi 6 e giorni 10
All’atto del superamento del periodo di prova, quindi, dal 1.9.2024, si vedrà riconosciuto detto servizio per intero per un totale come detto di anni 3 mesi 6 e gironi 10
Lo stesso docente senza l’intervento della norma emanata dal nuovo governo si sarebbe visto riconoscere invece anni 4 per intero ai fini della progressione di carriera e, per l’effetto, la nuova norma gli sottrae mesi 6 e giorni 10 per cui cui maturerà il passaggio di fascia stipendiale con 7 mesi di ritardo per ogni fascia, con una ben e sostanziosa perdita economica.
DOCENTE BIANCHI
ha prestato servizio per 6 anni ndr di cui
- 4 anni di supplenze brevi pari a 5 mesi per ogni anno pari a mesi 20
- 2 anni di supplenze annuali dal 1 ottobre al 30 giugno pari a mesi 18
Orbene, con la precedente normativa il docente si sarebbe visto riconoscere solo i 2 anni di servizio non di ruolo (superiori ai 180 giorni) in quanto i 4 anni precedenti erano inferiori ai 180 giorni per ciascun anno.
Con la legge 103 al docente, invece, si riconosceranno 38 mesi (intero servizio) per un totale di di 3 anni e 2 mesi.
Guadagnerà in sostanza 1 anno e 2 mesi rispetto al precedente calcolo.
Insomma, in linea generale, i docenti che hanno prestato servizio oltre 180 giorni per ogni anno si vedranno penalizzati (tanto più penalizzati quanto più anni avranno prestato con oltre 180 giorni) rispetto a chi ha prestato più anni con supplenze inferiori a 180 giorni e supplenze brevi. Il tutto, con conteggi inseriti nel sistema informativo del Ministero, che hanno determinato questa scelta mediante un algoritmo che ha conteggiato notevoli risparmi per le casse dello Stato ma penalizzando e dividendo i docenti fra più fortunati (perchè hanno fatto più supplenze brevi) e meno fortunati (perchè hanno fatto più supplenze annuali al 3o giugno), eppure c’è qualcuno che esalta la normativa introdotta !!!
RIFLETTERE PER DECIDERE A CHI DARE FIDUCIA!!!